Fiorenza
I fiori di Fiorenza Righetti. Rigoglio di vita, attesa di morte
Articolo pubblicato su Pittart.com (anno 2011)
https://arte.pittart.com/critici/delucca/fiori_fiorenza_righetti.htm
Pubblicato su La Corte di Felsina.it (Anno 2018)
https://www.lacortedifelsina.it/i-fiori-di-fiorenza-righetti-rigoglio-di-vita-attesa-di-morte/
Artemisia Olio su tela
Fiorenza si distingue come pittrice miniaturista: inizia molto giovane, negli anni Settanta, proviene dalla scuola d'arte di Azzaroni, Santachiara ed Emilio Contini (che fu allievo di Giorgio Morandi a Bologna). Dopo una prima fase giovanile in cui l'artista si dedicò alla raffigurazione soprattutto di scene campestri, vita contadina, interni rurali, legati principalmente alle tematiche socio-culturali dell'attività migratoria dalle montagne verso i centri urbani, il conseguente spopolamento dei territori e l'abbandono delle usanze storico-tradizionali degli anni del boom economico, la sua attenzione si sposta verso nuove tematiche della realtà umana, senza trascurare certamente il contesto di attualità, ma più connesse all'aspetto interiore, alle problematiche intime della vita, dalla caducità dell'essenza, all'inevitabilità della morte e all'analisi profonda (esaminata da un punto di vista più intellettuale e filosofico) del valore della vita nel suo significato più recondito.
I soggetti preferiti da Fiorenza per rappresentare tali tematiche sono i cavalli e i fiori, ciascuno con proprie e precise connotazioni: i bianchi stalloni che cavalcano nella notte ("Incubo notturno") prendono spunto dalle splendide incisioni crepuscolari del Dorè o dalle simbologie di Rubens e Fussli, grandi maestri del passato da cui trae ispirazione per affrontare problematiche di oggi, come la violenza sulla donna e lo stalking, alternandoli a spunti anche di carattere mitologico per narrare la realtà. Tutto questo gioco di immagini e simboli tratti dalla storia, dalla fiaba e dai miti del passato, dalla musica e dalla poesia, rivelano una grande conoscenza e preparazione, non solo sul piano artistico, tecnico e manuale, ma anche su quello culturale, storico, letterario e filosofico di quest'artista che con grande maestria si serve di un'inesauribile fonte di nozioni del passato, per tradurre e raccontarci il presente. I fiori, coloratissimi, rigogliosi, raccolti in raffinati e delicati vasi di vetro trasparente, gentilmente adagiati su pizzi e broccati, se da un lato ci commuovono per la loro abbagliante bellezza e vivacità, dall'altro ci turbano con i loro petali reclinati, le corolle cadute sul piano in cui poggia il fulgido vaso che li contiene; poi i simboli del tempo fuggente che l'artista riscoprì nelle famose 'Vanitas vanitatis' dei cicli pittorici fiamminghi d'epoca seicentesca durante il suo passato di decoratrice di letti in ottone: la piuma, la candela giunta quasi al termine della consunzione, il compasso che segna la geometria perfetta del cerchio che ad un certo punto si deve chiudere per essere completo, la melagrana, simbolo dell'eternità, raffigurati nell'opera dal titolo "Il sonno della ragione genera mostri" insieme al grande cesto dal manico spezzato, ci ricordano la tragedia del nostro tempo, la caduta delle Twin Towers a New York: "Sic transit gloria mundi, vanitas vanitatis"(così passa la gloria del mondo - vanità della vanità).
Altra opera significativa "Nike" ci presenta, accanto al procace vaso di fiori rosa e innocenti margherite, il simbolo della vittoria sulla lotta, la mera speranza di superamento delle guerre nel mondo: i libri antichi e consunti al loro interno citano le tematiche terribili delle mafie odierne a fianco ai labirinti di Cnosso e di Filerete. Quando usciremo dal groviglio del male? Il "Paradiso perduto" di Milton troneggia sul tavolo in legno con la pagina aperta sul brano del 'Pandemonium' e un piccolo, quasi invisibile insetto oscuro, si posa sul petalo di un vivido fiore quasi ad intaccarne la purezza, additandoci il simbolo del male che celatamente si insinua.
Il tema della condizione femminile, ancora di forte attualità, viene magistralmente affrontato dall'artista con delicata raffinatezza estetica in "Artemisia" dove si ammirano tondeggianti e copiose ortensie, unite al blu brillante dei fiordalisi in una coppa di porcellana scolpita a rilievo con le storie di veltri e cinghiali che rincorrono la femmina in fuga: le tematiche di Artemisia Gentileschi, la grande pittrice caravaggesca impegnata (coraggiosamente per quell'epoca) nella denuncia delle violenze subite attraverso i suoi quadri più famosi come "Giuditta e Oloferne".
Sulla pittura di Fiorenza hanno scritto importanti critici e intellettuali tra cui Vittorio Sgarbi che ha esaminato a fondo proprio queste tematiche attraverso lo studio di un altro soggetto molto amato e rappresentato dall'artista, quello dei 'Cavalli' che insieme al ciclo dei 'Fiori recisi' segna in qualche modo il completamento del suo percorso di maturità espressiva.
(A.R.D.)